L' organizzazione di un servizio di consulenza psicopedagogica che si riferisce all' approccio concettuale della psicologia sistemico-relazionale richiede di far riferimento all' idea per cui il cambiamento avviene quando le persone riescono a ridefinire in modo più adattivo il senso del proprio stare insieme. L' approccio sistemico quindi non cerca di lavorare su variabili psichiche intraindividuali, piuttosto prova ad insinuare nuove letture sulle dinamiche interpersonali, ponendo la relazione al centro dell' attenzione.
La relazione diventa quindi il focus principale di un intervento che si basa su tre principi fondamentali: CIRCOLARITA', NEUTRALITA' E IPOTIZZAZIONE (Boscolo, Cecchin, 1980).
Osservare la circolarità nelle relazioni umane significa considerare la persona come un sistema che regola la propria esistenza fatta di atteggiamenti, comportamenti ed emozioni, attraverso il continuo scambio di informazioni con l' esterno. Quando organizziamo una progettazione circolare dobbiamo tener conto dell' effetto che la nostra azione produce sui sistemi viventi e non possiamo non considerare il feedback, inteso come risposta del contesto ai nostri interventi.
La circolarità non definisce solo un atteggiamento concettuale, ma anche una pratica dialogica caratterizzata da una problematizzazione della realtà che si colloca sempre lungo una dimensione relazionale. Lo psicologo sistemico non chiede quindi semplicemente "come stai?", ma può per esempio chiedere "che cosa ti ha fatto stare bene o male?", oppure "stai meglio quando ti trovi con una tal persona o con un' altra?".
La logica conseguenza di questa attenzione sulla relazione, ci porta a privilegiare il lavoro sul gruppo: sono le narrazioni che provengono dagli altri che ci permettono di ridefinirci. Possiamo ad esempio decidere di lavorare sul benessere dell' alunno senza farlo parlare, ma decidendo di fargli ascoltare le narrazioni che i compagni producono su di lui. Questo tipo di azione punta a generare nelle persone un meta-apprendimento (deutero apprendimento o apprendimento di secondo livello) sul "sé in relazione".
Il concetto di neutralità invece si riferisce all' idea per cui lo psicologo deve cercare di mantenere un atteggiamento di apertura verso le emozioni, le idee e le azioni dei propri pazienti. Questa idea è sostenuta dal fatto che un comportamento per quanto deprecabile sul piano morale, sia l'unico che un individuo, in una data situazione, possa assumere. Un adolescente, nella sperimentazione della propria divergenza, può anche diventare deviante: se gli operatori educativi che lo circondano condannano e giudicano tali azioni, non fanno altro che confermare in lui un' etichetta squalificante. La neutralità diventa così curiosità: cosa ha portato una persona ad assumere un atteggiamento tanto lontano dalle nostre premesse morali?
La neutralità poi aiuta l' operatore a mantenere uno sguardo interpretativo aperto. Spesso ci capita di innamorarci delle nostre ipotesi interpretative, ma così facendo ci chiudiamo ad interpretazioni altre che possono arricchire il nostro sguardo. L' atto percettivo avviene quando abbiamo l' evidenza di una differenza, e possiamo cogliere tale differenza solo se siamo aperti ad altri sguardi. Dal punto di vista pratico significa che il lavoro interpretativo è un processo in cui più sguardi e più osservatori partecipano ad un processo co-costruttivo.
La co-costruzione di ipotesi interpretative circolari e neutrali punta a generare nel sistema curante-educativo (o terapeutico) una percezione di differenza, ovvero un' ipotesi che ci permetta di osservare la realtà con occhi nuovi ("all' improvviso qualcosa mi ha disturbato"-Cheyenne "This must be the place"). La proliferazione di ipotesi interpretative ci porta a ridefinire il nostro presente nel momento in cui cambia l' osservazione del passato (cambia la memoria) e cambia la proiezione nel futuro (le nostre aspettative ed i nostri desideri). Ovviamente progettando in senso circolare, dobbiamo rifuggire la tentazione di trovare un nesso causale lineare che lega un' ipotesi ad un comportamento: la complessità dell' essere umano non segue principi meccanicistici, così un comportamento può essere determinato da più cause poste a diversi livelli logici di senso. (Bertrando 1993).
Un ultimo concetto fondamentale che guida l' azione del consulente sistemico è il concetto di doppio vincolo connesso alla sofferenza umana (Bateson). Secondo tale modello le persone soffrono (si deprimono, delirano..generano comportamenti sintomatici) quando le relazioni significative che hanno costruito li pongono in una situazione di indecidibilità paradossale. Prendiamo ad esempio la frase che una madre premurosa potrebbe rivolgere al figlio adolescente: "Esci pure, ma sappi che sto in pensiero!". Questo tipo di ingiunzione pone l' adolescente in una situazione di paradossale blocco: potrebbe infatti seguire il proprio istinto, uscire, ma questo farebbe star male la mamma (e quindi se stesso); d' altro canto potrebbe accontentare la mamma non uscendo, ma così bloccherebbe il proprio istinto e desiderio. Ne consegue che l' adolescente qualsiasi cosa faccia, sbaglia! Nelle relazioni umane i doppi vincoli sono molto diffusi, ovviamente però si creano dimensioni psicopatologiche quando la persona è sottoposta a tali ambiguità in modo intenso. In altri casi parliamo di semplice sofferenza psicologica, su cui possiamo lavorare se con i nostri pazienti riusciamo a ridefinire e a co-costruire il senso della relazione.
Strumenti tecnici lungo due livelli di intervento: il supporto psicologico e il conseling psicopedagogico
L' intervista interventiva sistemica nel servizio di supporto e orientamento psicologico
La conduzione di un colloquio che assuma valore di supporto o valore di consulenza segue due campi-continuum: il livello esplorazione-cambiamento e quello lineare-circolare. Incrociando queste due dimensione in una sorta di quadrante possiamo distinguere 4 campi d'azione:
LINEARE-ESPLORATIVO
LINEARE-CAMBIAMENTO
CIRCOLARE-ESPLORATIVO
CIRCOLARE-CAMBIAMENTO
Area lineare-esplorativa.
Quando lo psicologo si colloca in questa dimensione diventa una sorta di detective che cerca di acquisire informazioni che lo aiutino a capire la situazione complessiva. L' intento dello psicologo qui è quello di capire e di esplorare l' ambiente, il contesto dove si colloca ciò che è osservato come problema.
Area circolare-esplorativa
Anche in quest' area lo psicologo esplora il contesto del problema ma non lo fa attraverso domande lineari di acquisizione delle informazioni. Le domande si collocano invece in una dimensione circolare o relazionale. La domanda quindi viene posta facendo entrare la persona in connessione con le relazioni. Se ad esempio chiedo ad un alunno di fare una sorta di classifica di gradimento dei professori, lavoro sulle differenze: quali caratteristiche del professore al primo posto aiutano l' alunno a trovarsi meglio?
Area lineare-cambiamento
In questo campo lo psicologo è impegnato a promuovere il cambiamento. Trovandosi in un ambito lineare, lo psicologo diventa una sorta di in-segnante nel senso che prescrive atteggiamenti, rituali con l'idea che possano cambiare gli equilibri relazionali della persona.
Area circolare-cambiamento
Questo è il campo dove lo psicologo sistemico si trova a proprio agio: il cambiamento non viene inseguito attraverso prescrizioni, ma attraverso domande che assumono un valore riflessivo.
Partendo ad esempio da una storia e chiedendo agli alunni se e quanto si immedesimano nei personaggi, viene posta una domanda di tipo riflessivo. Tali domande permettono di perturbare il sistema individuo promuovendo il cambiamento. Gli alunni possono infatti metacomunicare sul senso che assumono le relazioni (conoscere e descrivere il livello logico della relazione).
Esempi di alcune domande riflessive:
Proiezioni sul futuro
Domande sui punti di vista dell' altro
Cambiamenti di contesto
Domande di confronto con la norma
Domande con distinzioni
Domande ipotetiche
L' uso della telecamera.
La telecamera rappresenta un potente alleato per cogliere spunti di lavoro, sia in ambito di consulenza che di supporto psicologico.
La telecamera non viene utilizzata come controllore, ma come registratore.
La telecamera permette ad esempio allo psicologo di non dovere essere concentrato sulla registrazione dei contenuti emersi in un dialogo, ma gli permette di "stare agganciato" alla relazione. Oltretutto la telecamera permette una rilettura di una seduta e soprattutto l' osservazione degli indizi non-verbali, analogici o posturali che una persona gioca in una relazione.
Infine la telecamera assume un alto valore formativo: possiamo ad esempio immaginare di riprendere una lezione in una classe problematica e poi di rivedere insieme agli insegnanti la ripresa, facendo emergere comportamenti funzionali e disfunzionali. In questo senso l' uso del video ci permette di allargare la nostra memoria e di generare un oggetto concreto di osservazione.
Certamente l' uso del video genera non pochi imbarazzi nelle persone, tuttavia l' esperienza dice che l' effetto condizionante della telecamera si riscontra solo nei primi minuti di lavoro, poi le persone iniziano ad agire in modo spontaneo. Ovviamente l' uso della telecamera deve essere preventivamente autorizzato dalla presidenza di istituto.
La consulenza al docente come offerta di una doppia lettura
Ciò che genera la sensazione di problematicità nella lettura di una situazione è connesso all' idea che il docente costruisca un sistema di significato che parla della situazione caratterizzato da una visione unica e vincolante. Il compito del consulente diventa quindi quello di allargare il sistema di significato, proponendo nuove letture che ne valorizzino le risorse, andando ad offrire una visione meno "chiusa" al cambiamento.
In questo senso diventa allora fondamentale offrire più letture, provando a ragionare in termini di ipotesi e previsione di cambiamento. In qualche modo il consulente cerca quindi di "perturbare" il modo in cui un docente racconta una situazione, proponendo nuove storie che siano meno ansiogene.
Gli interventi a livello classe.
Il consulente, riscontrata la problematicità di un gruppo classe, può decidere di programmare degli interventi formativi. Gli interventi costruiti e definiti in questi anni di sperimentazione cercano di promuovere l' apprendimento significativo attivando gli alunni non solo a livello razionale e cognitivo, ma anche emotivo ed affettivo. Per questo le attività proposte attingono da campi in apparenza lontani dalla psicologia: lo psicologo può decidere di utilizzare il circle-time o il focus group, tuttavia abbiamo riscontrato l' efficacia di interventi che utilizzano modalità espressive proprie del gioco, del teatro, della musica e dell' arte. In una classe poco coesa possiamo, ad esempio, proporre alcuni giochi cooperativi, in modo da far percepire emotivamente ed affettivamente agli alunni il piacere dello stare insieme, senza necessariamente "mentalizzarlo".
Il tutoring individuale
Il lavoro di consulenza e supporto con il singolo alunno viene organizzato incentivando lo sviluppo della metacognizione: aiutiamo gli studenti se li rendiamo più consapevoli del proprio processo di apprendimento. In questi anni abbiamo rilevato come molto efficacie l' utilizzo del test AMOS. Si tratta di un questionario che permette di distinguere e offrire agli alunni un profilo sugli aspetti strategici, motivazionali, organizzativi ed emotivi connessi allo studio. Somministrando il test AMOS e soprattutto rileggendolo insieme all' alunno, riusciamo ad offrire una sorta di specchio dove l' alunno può osservarsi e quindi ricostruirsi.
La mediazione famigliare
Un ultimo strumento che riteniamo fondamentale soprattutto in ottica di supporto psicologico è la proposta della mediazione famigliare. Rileggendo alcune idee maturate nella psicologia dell' adolescenza, notiamo come il sistema famigliare sia di fondamentale importanza nello sviluppo "armonico" del ragazzo. Nel processo di definizione di sé, l' adolescente alterna cicli di separazione e di appartenenza al sistema di valori e di premesse proprio della famiglia di origine. I cicli di separazione possono generare grosse rotture con la famiglia e conseguenti malesseri. Diventa allora fondamentale offrire un servizio di supporto e mediazione per le famiglie dei ragazzi che esprimono disagi significativi. La mediazione famigliare si svolge chiedendo a tutti i membri della famiglia di essere presenti per provare a ridefinire i rapporti in modo che diventino meno sofferenti. Trattandosi di un ambito scolastico e non terapeutico, la mediazione ha semplicemente lo scopo di orientate verso nuovi equilibri, senza la pretesa di introdurre cambiamenti significativi e radicati.
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